Tardo pomeriggio sulla Torre di Ponente. Dalla cima della sua Cattedrale, la città di Cadice si mostra in tutta la sua bellezza. Siamo alla punta estrema della Frontiera Granadina, l’antico territorio di confine fra Corona di Castiglia e l’islamico regno di Granada. Case di colore bianco con le tapparelle mezze abbassate, stretti vicoletti e piazzette decorate da alberi di arance, lo sguardo si spinge oltre, verso il lungomare con la sabbia bianca e soffice. Infine lo spettacolo commovente de “la puesta del sol”, il sole che si tuffa nell’Oceano. Ecco alcune delle allucinazioni sonore che può provocare l’ascolto di “Mistral” (Felmay, 2015), l’ultimo lavoro del quartetto italo-francese La Frontera. Suggestioni tutte strumentali quelle affidate alla dolce ballata “Cadiz” quarta traccia dell’album, dove sul tappeto di percussioni steso da Lorenzo Gasperoni s’intrecciano e avviluppano le linee melodiche del violino di Michele Sguotti e della fisarmonica di Miranda Cortes, il tutto sostenuto e puntellato dalla chitarra flamenca di Michele Pucci. Questa e altre storie racconta “Mistral”, album che prende il nome dal forte e tempestoso vento del Mediterraneo, il “maestrale” della navigazione, che dalla Valle del Rodano si versa sull’Europa centro-meridionale. Si tratta della quarta uscita dei La Frontera dopo “La musica dei Popoli” (2001), “Mar Bianco” (2004) e “Ferme Tes Yeux” (2008). L’idea guida questa volta è quella di attraversare musicalmente e culturalmente, proprio come fa un vento, terre e popoli con le loro culture. Le note contenute nell’album sono abbastanza esplicative in questo senso: “Mistral is a Mediterranean Wind…a passionate Wind, a Wind of cultures which have transformed our civilizazions, a strong Wind of love, a Wind that can caress and overturn our mind’s dunes, a Music Wind able to form feelings like a seastorm can mould rocks. Mistral is the bridge between Past and Future”. I dieci brani, infatti, raccolti intorno ad una comune matrice musicale arabo-andalusa, spaziano fra tradizioni differenti. Spicca, ad esempio, la cover di “Agua Fresca”, brano del “cantaor” Luis de Córdoba (al secolo Luis Pérez Cardoso, nato a Posadas, nei pressi di Cordoba nel 1950) pubblicato nel 1992 su “Que ni pintao”. Qui viene offerta una pregevolissima prova di Michele Sguotti che, col suo timbro roco e lavorando sulle inflessioni della voce, riesce a produrre un canto che potremmo definire suggestivamente “flamenquísimo”. Le altre sparute colorature vocali sono affidate al canto elegante e allo stesso tempo frizzante di Miranda Cortes in “Mistral”, prima traccia e brano che dà il nome all’intero album, e in “Sefarad”, altro brano originale del quartetto che palesa sonorità arabo-ottomane-sefardite. L’ascolto rivela un feeling delle dinamiche musicali ampiamente consolidato grazie ormai a quasi quindici anni di collaborazione fra i quattro artisti, tutti provenienti da una comune matrice classica (diploma in fisarmonica classica per la Cortes, in viola per Sguotti, percussioni classiche per Gasperoni) e apertisi poi alle più diverse esperienze musicali senza pregiudizi di sorta. Che Gasperoni abbia lavorato allo stesso tempo con Brian Auger e Famoudou Konate, che Sguotti suoni musica irlandese con i Folk Studio A e sia andato in tour con Gianna Nannini, sono segni di una varietà espressiva e sonora che non può rimanere inespressa in fase di scrittura e poi in sala di registrazione. Da segnalare, a chiusura del disco, ancora un omaggio al flamenco nella penultima traccia “Algeciras”, dedicata alla città andalusa che ha dato i natali a Paco de Lucía maestro assoluto del flamenco venuto a mancare proprio lo scorso anno e chiaramente modello di riferimento per Michele Pucci, autore del brano. Insomma se avete avuto modo di ascoltare qualche brano tratto da “Mistral”, all’amico che, insensibile a questi tempi di austerity vacanziera, vi chieda “beh dove te ne vai in vacanza?”, potrete rispondere serenamente “sono appena tornato da un fantastico viaggio in Andalusia!”.
La Frontera mantiene dal vivo tutte le promesse fatte nei dischi : la fisarmonicista cantante Miranda Cortes è Front-woman che conosce i trucchi del proprio ruolo, e li applica con professionalità, catalizzando l'attenzione del pubblico non solo sulle sue pur valide doti musicali; il chitarrista Michele Pucci, corazon flamenco, spreme dal suo strumento tutta la sostanza necessaria a trasmettere il sentimento che è in lui; il violinista MIchele Sguotti afferra saldamente il pubblico con le suggestioni che il suo archetto virtuoso, ricco anche scenicamente, produce; il percussionista Francesco Clera, forte di un set dall'energia quasi batteristica ma al contempo pieno di caldi suoni etnici, è preciso e creativo quanto basta per legare insieme, e La Frontera funziona anche dal vivo, anzi, stupisce per una carica che nei dischi si trasmette più a fatica, rimane meno immediata.
di Roberto G. Sacchi
Dopo il secondo album "Mar Bianco" del 2004, ben accolto dalla critica per le sue capacità di ricreare le atmosfere musicali caratteristiche di un viaggio attraverso l'Europa meridionale (non a caso il nome del gruppo si rifà al mitico confine medioevale fra la cultura europea e quella araba), la formazione franco-veneto-friulana conferma tutte le buone impressioni suscitate in precedenza.
di Enrico Lucchesi
In digipack accattivante, "Ferme tes yeux" merita una segnalazione per i lettori di WMM. La Frontera è un gruppo misto dall'organico originale (chitarra flamenca, percussioni, violino o viola, fisarmonica e voce) capitanato dalla sei corde di Michele Pucci, nusicista friulano noto per le sue scorribande attraverso le musiche europee. Il disco è strepitoso, tanto nei viaggi acustici dalla forte predominanza ritmica, quanto nelle incursioni dell'elettronica che ricordano gli Ekova più wolrd.
di Daniele Bergesio
Nel nome che si sono dati è racchiusa tutta l' essenza della loro musica: componimenti originali, ma costantemente contaminati dalla tradizione mediorientale. Si chiamano "La Frontera", ossia la "linea variabile" di demarcazione tra il mondo arabo e quello cristiano durante la dominazione saracena, i quattro artisti attivi sulle scene musicali nazionali, anche se le loro note hanno varcato i confini italiani.
di Caterina Colucci
Nel nome che si sono dati è racchiusa tutta l' essenza della loro musica: componimenti originali, ma costantemente contaminati dalla tradizione mediorientale. Si chiamano "La Frontera", ossia la "linea variabile" di demarcazione tra il mondo arabo e quello cristiano durante la dominazione saracena, i quattro artisti attivi sulle scene musicali nazionali, anche se le loro note hanno varcato i confini italiani.
di Beppe Montresor
La Frontera è migliore del Rapsodia Trio e del Circo Diatonico, ai quali si collega per similarità d' intenti ed intenzioni stilistiche. Da loro, forse, divergono per maggiore adesione filologica e fantasia, e per una squisita vocazione teatrale. Loro sono strumentisti notevoli, non sappiamo chi preferire tanto il livello tecnico e di esecuzione, ai rispettivi strumenti, è alto.
Il violino (e viola) di Michele Sguotti è zingaresco e libero e rimanda ai vecchi suonatori gitani; la chitarra flamenco-etnica di Michele Pucci è un perfetto incrocio tra Paco De Lucia e Django Reinhardt. E che dire di Miranda Cortes, voce graffiante, quasi maschia, presenza fisica d' impatto con voce e fisarmonica (a bottoni) popolaresche? Impressionante anche la tecnica del batterista Francesco Clera, semplicemente stupefacente al darbouka.
di Mauro Quai
Mar Bianco è un disco dal grande fascino, dove questo quartetto friulo-veneto mostra un' innata capacità di creare arrangiamenti dalla forte personalità, pur partendo da brani della tradizione mediterranea. Il nostro mare, infatti, è il protagonista di questi dieci brani, divisi per zona di provenienza, che marcano anche le grandi differenze che intercorrono tra le varie regioni bagnate dalle acque del Mediterraneo. Un disco eterogeneo che è un omaggio a varie civiltà, suddiviso per brani tematici, che però non sempre rivelano differenze, ma anzi esaltano le contaminazioni tra le varie tradizioni, in particolare quella araba, che ha avuto una grande importanza in quest' area.
di Mauro Missana
All’interno del libretto di "Mar Bianco" si ricorda che nella Spagna del XIII secolo d.C. la Frontera era una mobile ed osmotica linea di confine tra i Mori e la Cristianità. Questa nota è la chiave di lettura del progetto musicale del quartetto La Frontera: l' incontro, lo scambi e il confronto tra diverse tradizioni musicali, senza tentativi di sintesi e senza contrapposizioni, ma piuttosto in un gioco di rimandi e suggestioni, un percorso musicale al termine del quale le frontiere politiche e culturali scompaiono.
di Marco G. La Viola